L’idea di trovarci insieme nel cortile delle due palazzine del condominio per un momento di preghiera per la pace ci è venuta per il susseguirsi di fatti terroristici. Il passaparola si è rapidamente diffuso fra i diversi inquilini. Si sono messe insieme spontaneamente le proposte: una ragazza ha suggerito di piantare un ulivo. Alcune famiglie che non avrebbero potuto esserci quella sera, hanno voluto fare un gesto di presenza: una ha comprato una bella pianta di ulivo, un’altra ha acquistato il vaso e la terra e un’altra si è resa disponibile per il trapianto. Anche Papa Francesco aveva piantato un albero a Nairobi spiegando che “piantare un ulivo ci provoca a continuare ad avere fiducia, a sperare, e soprattutto a impegnarci concretamente a trasformare tutte le ingiustizie e il degrado che oggi soffriamo”.

Il nostro cortile, quella sera, è diventato un luogo di comunione. Oltre all’ulivo un cesto raccoglieva numerose candeline accese che predisponevano alla preghiera. Un inquilino ha animato con la sua chitarra alcuni canti. Noi abbiamo letto un pensiero del patriarca Atenagoras. “Bisogna fare la guerra più dura che è la guerra contro noi stessi”. Ne è seguita una comunione-preghiera spontanea: quella di una madre che raccomandava a Dio tutti i giovani che sono sotto le armi “perché tutti è possano tornare alle loro case”; quella di un uomo maturo che manifestava il desiderio di diventare il condominio una vera comunità; quella di una giovane signora che apriva il suo cuore attraverso un testo profondo e poetico scritto da lei.

Un momento all’insegna della semplicità: con gli inquilini delle nostre due palazzine ci siamo fermati, guardati, salutati con calore, parlati con calma. Ci vuole poco, basta dare spazio a un’idea e condividerla, perché diventi un’iniziativa di pace. Tutti vogliono creare altre occasioni per fermarci insieme: stiamo pensando di festeggiare il 98° compleanno dell’inquilina veterano del nostro palazzo.

Roma (da Città Nuova)