Quella sera, forse per l’eccessiva velocità, l’auto di grossa cilindrata si ribalta. Mio figlio muore sul colpo a soli 23 anni; l’amico fraterno che guidava esce illeso dall’incidente. Sono passati otto anni. È la Settimana Santa in chiesa il prete parla di riconciliazione, di perdono. Il “pensiero del mese” che riporta la mia agenda, invita ad amare sempre per primi. Sento che entrambi parlano a me. Mi guardo dentro e scopro un sottile rancore che mi ha accompagnato durante tutti questi anni nei confronti del ragazzo che, in fondo, ritengo responsabile della morte di Luca. Ogni volta che passo davanti alla sua casa il cuore mi si indurisce.

Vado al telefono; con le mani che mi tremano digito il numero e lo chiamo. Lui non c’è. Mi risponde la moglie, sorpresa e imbarazzata quando le dico chi sono. Apro a lei, che come me è mamma, il cuore dicendole tra l’altro: “Ho pensato tanto a voi in questi giorni, vorrei rivedervi, conoscere i vostri bambini… Sarei felice se vorrete venirmi a trovare”. Lei, commossa, promette che presto verranno… Mi guardo dentro e scopro d’essere felice e leggera.

V. G., Svizzera