24 agosto 2025 – 21a domenica TO
Is 66,18b–21 i Eb 12,5-7.11-13 i Lc 13,22-30
Sforzatevi di entrare per la porta stretta
(Lc 13,24)
Di solito non abbiamo tempo di pensarci – e soprattutto non ne abbiamo voglia –, ma è pur vero che la vita umana ha degli aspetti molto misteriosi. Volere o no – anche se, ripeto, facciamo di tutto per non pensarci – è impossibile sbarazzarsi una volta per tutte di certe domande che ci toccano molto da vicino, ma a cui, al tempo stesso, è impossibile dare risposte sicure e documentate. Per esempio: chissà come stanno davvero le cose dopo la morte? Chissà come sarà veramente questa faccenda del paradiso, del purgatorio e dell’inferno? Chissà che cosa sarà di noi quando saremo morti?
Qualcuno dice che sono domande inutili e insensate perché dopo morte “non c’è niente”. ma questo significa dare già una risposta alle domande di cui sopra; e una risposta che è tutta da dimostrare. Probabilmente sarebbe più onesto riconoscere che non sappiamo come siano le cose dell’“aldilà”; e sarebbe più prudente lasciare aperte altre ipotesi…
Certo: se ci dichiariamo cristiani, questo implica che noi siamo convinti che c’è una “vita” oltre la morte e che la “qualità” e il “modo” di questa vita dipendono essenzialmente dal nostro rapporto con Dio. Ma al di là di questo, non ne sappiamo molto di più.
Gesù non ha mai dato molte spiegazioni su questi argomenti. Normalmente, quando qualcuno gli chiedeva delucidazioni a riguardo dell’“altro” mondo e dell’“altra” vita, egli rispondeva parlando del modo di comportarsi in questo mondo e in questa vita. Come nel caso del Vangelo di oggi:
– Sono pochi o molti quelli che si salvano?
– Voi datevi da fare per entrare dalla porta giusta, anche se è stretta…
Il Vangelo non dà una risposta a tutte le nostre domande e curiosità sull’aldilà. Da questo punto di vista c’è sempre da diffidare di chi pretende di sapere troppo, siano teologi o visionari, di ieri o di oggi. È assai più conforme allo spirito del Vangelo rinunciare alle “curiosità impossibili”, per cercare piuttosto di imparare il giusto atteggiamento da assumere e da perseguire in merito.
Questo atteggiamento mi pare si possa riassumere così:
a) vivere con impegno e senso di responsabilità questa vita;
b) attendere con fiducia l’incontro con Dio nella morte.
Impegno e senso di responsabilità significano prendere la vita sul serio: cercare sempre ciò che è vero, ciò che è giusto, ciò che è bene… Ragionando da cristiani: tradurre in pratica la nostra professione di fede, in uno stile di vita caratterizzato da concreta e operosa carità. In questo consiste quello “sforzarsi di entrare per la porta stretta” di cui parla il Vangelo. Non possiamo certo fidarci semplicemente del nome di cristiani. Così come non possiamo fidarci soltanto della pratica religiosa; o delle parole che sappiamo dire (o scrivere…) in fatto di religione, di fede e di carità.
La fede che professiamo, i sacramenti che abbiamo ricevuto, le liturgie che celebriamo, la posizione che occupiamo nella Chiesa, le conoscenze che abbiamo in fatto di teologia e di dottrina cristiana… non costituiscono garanzia di salvezza per nessuno, ma accrescono la nostra responsabilità davanti a Dio.
I cosiddetti “doveri religiosi” o le cosiddette “opere pie” non possono in alcun caso sostituire per i credenti l’impegno per la giustizia e la carità. Tanto meno possono mascherare, per nessuno, “l’iniquità” dell’ingiustizia, della disonestà o della violenza, negli affari e nelle faccende della vita privata e pubblica.
Ma se si cerca Dio con cuore sincero per le strade della pazienza (cf 2ª lettura), dell’onestà, del rispetto del prossimo e della solidarietà con i più deboli, allora bisogna guardare con fiducia al mistero dell’ “aldilà”, sia in chiave personale, sia per quanto riguarda l’intera umanità.
Gesù ha assicurato ai suoi discepoli che nella casa del Padre suo “vi sono molti posti”: egli è andato a prepararli per prenderci con sé, perché “siamo anche noi dove è lui” (Gv 14,1-3). E ha detto che “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio” (cf Vangelo); perché il progetto di Dio è proprio quello di “radunare tutti i popoli e tutte le lingue” (cf 1ª lettura) per contemplare la sua gloria e partecipare della sua vita e della sua gioia.