Signore, tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68)

Il discorso pronunciato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao è considerato “duro” dagli ascoltatori e dai suoi stessi discepoli e la reazione di molti è quella dell’abbandono, perché non sono disposti ad accettare la sua proposta. In tale contesto di crisi, Gesù pone l’alternativa anche agli apostoli. A nome di tutti risponde, con il verbo al plurale, Simon Pietro formulando la sua professione di fede in Gesù riconosciuto come il Santo di Dio. Gli apostoli si sono fidati di Gesù ed ora sanno con certezza che Gesù è l’inviato di Dio. Non possono andare da nessun altro: riconoscono che la sua parola comunica la vita eterna.

Gesù aveva parlato di un’offerta di salvezza che supera le attese della folla, della sua origine divina e della necessità di condividere la sua esistenza. Tutto questo è un discorso difficile: da capire e, ancor più, da praticare. Gesù sa che è necessario aprirsi alla grazia dello Spirito per poter arrivare alla fede. L’uomo non può ottenere la vita da se stesso; soltanto se rinuncia alla pretesa di fare da sé e riconosce la sua povertà, l’uomo si mette nella condizione di aprirsi alle parole di Gesù. Come ha fatto Pietro a nome dei dodici.

È un invito rivolto a ciascuno di noi: anche noi decidiamoci per Gesù accogliendo la sua PAROLA per metterla in pratica. Essa allora ci darà una pienezza di vita che solo Dio può dare. Viene il momento per ogni credente in cui la fede chiede una rinascita, un affidamento totale. Si tratta sempre di comprendere che è lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla (Gv 6,63).

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