È il Signore (Gv 21,7)
È il Signore! Il grido di Giovanni sul lago di Tiberiade ci accompagna oggi nella nostra scoperta del Risorto. Il vangelo odierno ci narra della pesca miracolosa sul lago di Tiberiade, dell’incontro e del pasto con sette discepoli, del colloquio di Pietro con il Risorto, del ruolo del “discepolo amato” e infine del Libro, grazie al quale i discepoli di tutti i tempi avranno accesso all’inesauribile mistero di Cristo.
I sette avevano lavorato tutta la notte, ma la pesca era stata infruttuosa. “Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva”. I discepoli fanno fatica a riconoscere Gesù; sarà l’obbedienza alla sua parola a far sì che i loro occhi si aprano e lo riconoscano come il Signore. Così sulla parola di Gesù ritornano a pescare, gettando la rete dalla parte destra della barca. È l’obbedienza alla Parola che viene ricompensata da una pesca assolutamente straordinaria: la rete si riempie oltre misura.
Il primo a riconoscere l’identità del misterioso personaggio che sta sulla riva e che ha pronunciato quella parola portatrice di vita abbondante e di fecondità, è Giovanni, il “discepolo che Gesù amava”. La sua parola è una confessione di fede: “È il Signore!”. Quel discepolo che durante l’ultima cena aveva reclinato il capo sul petto di Gesù avvertendo in quel momento qualcosa dell’infinito amore di Dio per il mondo, ora può diventare il testimone del Risorto. Perché amato, ha saputo riconoscere nella sua identità più profonda Colui che lo amava.
Anche noi chiediamo al Signore di farci sperimentare il suo infinito amore per ciascuno e a nostra volta di rispondere col nostro amore all’amore di Dio.
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