Sto seduta alla mia scrivania, in ufficio, sono quasi le otto e trenta, fra poco arriva il pubblico. Il computer è acceso, le penne sul tavolo, fogli sparsi. La sala d’aspetto si sta riempiendo di persone, di gente che ha perso il lavoro, di disperati, di disillusi. Un pubblico difficile, un pubblico maltrattato dalla vita che si aspetta un miracolo da te che sei aldilà della barricata. E tu quasi sempre sei impotente, imbrigliata nelle procedure burocratiche, impossibilitata a fornire tutte le risposte e gli aiuti!

Si avvicina una ragazza di colore, giovane, esile, non avrà più di vent’anni, folti capelli neri, occhi nerissimi. Si siede, apre una cartellina e mi porge una serie di documenti per poter ottenere l’iscrizione. Dai documenti capisco subito che è una “profuga”, arrivata dal mare da pochi mesi, da un Paese africano. La guardo. È seria, composta, dignitosa, giovanissima. Poche parole in italiano, impaurita ma piena di speranze… Si chiama Precious. Prezioso. Nell’esaminare le carte mi accorgo che non posso iscriverla, una frase sul verbale mi mette in difficoltà, non corrisponde alle nostre regole. Le dico: “Non posso iscriverti” e lei già in apprensione, con un filo di voce mi risponde: “Ma io devo iscrivermi sennò non posso stare qua… Ti prego signora!”. “Non posso Precious, non posso davvero, mi spiace. Non dipende da me, ma questa dicitura sui documenti mi spiazza…”. “Oh no, signora, ti prego, non mandarmi via! Mi hanno detto che devo…” . “Quanti anni hai?”. “Ventidue. Sono con mio fratello. Siamo scappati da guerre… mia famiglia è in Africa, lontano… non so come fare… ti prego…”.

Rinuncia, abbassa lo sguardo in silenzio, non parla più. Le vedo due grosse lacrime scivolare lungo le guance. Calde e devastanti. La guardo sconcertata, inerme, emozionata e in quel preciso momento riesco davvero a comprendere tutta la disperazione ed il dolore che queste persone hanno dentro di loro. Mi commuovo e mi torna in mente una poesia studiata a scuola “… Povera gente! Lontana da’ suoi, in un paese che le vuol male…” Tragicamente lontano da casa, in un paese sconosciuto, una lingua sconosciuta, senza affetti, con Leggi difficili ed ostiche, diffidenza ed anche disprezzo da chi dovrebbe accogliere.

“Non piangere Precious, vedrai che sistemiamo le cose, stai tranquilla, ti aiuto!”. Piange piano, sommessamente, con dignità, quasi per non disturbare… Alzo il telefono, alcuni scambi di informazioni, fax di chiarimenti, parole e parole, poi finalmente, dopo un po’, guardo la ragazza davanti a me che aspetta sfinita e provata: “Dai, tutto a posto. Possiamo fare!”. Lei alza gli occhi lucidi e tristi, quegli occhi che già tante tragedie hanno visto, asciuga con la mano la guancia bagnata, mi guarda piena di sofferenza: “Grazie. Tu sei buona…”. Basta così poco…

Patrizia