Davide ha trentatré anni. Romano, croce di legno appesa al collo, sta parlando davanti a un gruppo di adolescenti seduti davanti alla tenda della misericordia allestita vicino a Castel Sant’Angelo. È la tenda dedicata all’opera di misericordia “Seppellire i morti”.

I ragazzi seguono la testimonianza del giovane senza fiatare, per niente distratti dal fiume di persone tutt’intorno in cammino. Davide sembra rivolgersi direttamente ai loro cuori.

Ma non è di morte fisica che sta parlando. La sua è una storia di scelte adolescenziali sbagliate e controcorrente, di ribellioni, allontanamenti… E poi il buio, la solitudine, la perdita di tutto. “Avevo una profonda morte dentro di me – racconta -, ero perso tra droga, sesso, trasgressione. Non avevo voglia di fare nulla”. E così lascia l’università, la famiglia e si ritrova a vivere per strada. “Ero andato anche all’estero, non avevo nulla, mi ritrovavo a rubare nei supermercati, frugavo persino nella spazzatura”.

Poi, un giorno in Polonia, stremato dal freddo e dalla disperazione, qualcosa si fa spazio nella sua anima. “Tutto un tratto ho capito che c’è un aiuto. Che c’è Dio. Lui non ci abbandona mai. Ed è pronto a darci una vita nuova”.

Ora Davide vive di nuovo a Roma, è tornato ad abbracciare la sua famiglia. “Ho un lavoro, una fidanzata, frequento la parrocchia e faccio volontariato”, racconta. E davanti a quei ragazzi così attenti e vogliosi di capire, Davide li rassicura con gioia. “Noi non siamo costretti alla morte spirituale. Dio è sempre pronto a darci vita nuova”.

Graziella Melina, da “Avvenire”