Un povero stava alla porta di un uomo ricco… (cf Lc 16,20)

Anche questa domenica, come la precedente, affronta il tema della ricchezza. Il vangelo, con la parabola del ricco epulone sottolinea che non si può essere amici di Dio nell’eternità se oggi si lascia morire il proprio fratello nella miseria. Il ricco viene condannato perché, senza misericordia, ha escluso gli altri dalla partecipazione ai suoi beni, costringendoli a vivere nella povertà più estrema. Il povero viene premiato perché, nonostante l’indigenza, ha continuato a credere nella vita, è rimasto ugualmente attaccato a Dio. La morale di questo episodio evangelico è semplice: se condividi con gli altri i tuoi beni, ti salvi; se li godi da solo sei destinato alla perdizione.

Il tipo di rapporto che abbiamo con i beni terreni dà la misura della nostra solidarietà con gli altri e quindi la disponibilità alla salvezza.

Il ricco della parabola non è ingiusto, oppressore, usuraio o truffatore; ma il piacevole approfittarsi delle ricchezze nella mancanza di misericordia è la base della sua rovina. Tutto preso dai suoi beni non si è neppure accorto che davanti aveva una persona in difficoltà.

La prima parte della parabola ci invita allora ad un sapiente uso dei beni personali, che non sono solo quelli economici. Siamo amministratori.

San Luca ci dice che i beni mettono in gioco il nostro cuore. Che il nostro cuore sia attento ad ogni “altro”, che è più importante di me e che è simile a Gesù, che pure ha dato tutto per gli altri.

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