Siamo sposati da dieci anni e abbiamo quattro bambini.

Fin dai primi anni del nostro matrimonio abbiamo vissuto ogni attesa e nascita come un vero dono di Dio. Attendevo Anna Teresa e tutto procedeva bene. Verso il sesto mese, al momento di un controllo medico, come un fulmine a ciel sereno il medico mi annuncia che c’erano delle malformazioni gravi nel cervello. La notizia ci lasciò senza fiato. Cercammo di non dire nulla agli altri bambini e subito trovai nella comunione con le persone della Comunità la forza di stare in piedi e accettare da Dio questa prova.

Nello stesso tempo mio marito, che era responsabile in un’impresa, fu licenziato. Iniziò per lui e tutti noi una ricerca estenuante di lavoro che durò due anni. Intanto con dolcezza cercavo di preparare i bambini all’avvenimento.

I medici, senza scrupoli, ci proponevano l’aborto con frasi che ci ferivano: «La vita con un figlio handicappato non è facile, spero che questo bambino non viva…». L’unità più forte fra noi, la forza della preghiera e di Gesù in mezzo nella Comunità mi hanno aiutato ad andare controcorrente e a dare tutto l’amore al bimbo che portavo.

La nascita di Anna Teresa, pur nell’angoscia, fu una grande gioia. Avevamo previsto di battezzarla e cresimarla alla nascita, visto che i medici ci avevano detto che poteva morire subito. Così quei momenti “sacri” ci legarono ancor di più a lei. Fu circondata da un grandissimo amore: i bambini, felici di avere una sorellina, la circondavano di mille gesti di affetto.

I viaggi, i soggiorni in ospedale, i ripetuti interventi (sette), non scalfivano la fede e la certezza che ce l’avrebbe fatta e che, medicalmente, poteva riuscire a superare le difficoltà che presentava.

Ora il suo sviluppo è graduale e dopo un anno e mezzo è una bambina gioiosa e normale. La sua presenza è per tutti un vero raggio di sole!

O.F. – Francia