BETTI: Ci conoscemmo e dopo tre di fidanzamento decidemmo di sposarci. Unico motivo: eravamo innamorati. Le nozze furono celebrate in chiesa, esclusivamente per la “location”, ma nessuno dei due venne in mente di “invitare Gesù e sua Madre”.
Neanche il corso prematrimoniale sradicò la nostra convinzione che la scelta di un matrimonio in chiesa non aveva niente a che fare con la fede.
In breve fummo allietati dalla nascita di due splendidi bambini, un maschio e una femmina. Intanto però iniziavano i primi sintomi di un grosso disagio che stava per riversarsi su di noi, a cui non sapevamo dare un nome.
Erano buchi dell’anima che possono essere riempiti solo con l’amore di Dio, ma che ciascuno di noi tenta di colmare con altro: la carriera, lo sport, le nottate con gli amici, la cura eccessiva del corpo per combattere i segni del tempo.
Nel mese di gennaio mio marito se ne andò di casa, dopo aver sentito da me quella orribile frase “Io non ti amo più”.
In quei mesi di separazione abbiamo vissuto in città diverse e ci siamo fatti molto male in “parole e opere”: nessuno poteva perdonare l’altro di tutto il non amore ricevuto in 23 anni.
ALFONSO: Ricordo la delusione e la sofferenza di quei giorni. Il desiderio che la mia vita finisse al più presto. Avevo perso tutto ciò che avevo di più caro e non nutrivo alcuna speranza di trovare la pace.
Ebbi però la grazia di incontrare alcuni amici che avevano deciso di mettere le loro vite nelle mani di Gesù. Mi accompagnarono all’incontro con quel Dio che pensavo lontano, ma che invece si stava facendo prossimo.
Imparai a perdonare e a pregare per la mia famiglia perduta. Affidai alla Madonna mia moglie e i ragazzi e trovai la pace nell’amicizia con Gesù. Scoprii, pur nella sofferenza, la forza e la bellezza della vita.
BETTI: A ottobre dello stesso anno, ci ritrovammo in tribunale per la sentenza definitiva. Mio marito, scontrandosi con il suo avvocato, disse che non voleva nulla per sé, che mi avrebbe versato ogni mese ciò che avevo chiesto, offrendosi di aiutarmi per qualsiasi altra necessità.
Pensai che fosse un tranello per riconquistarmi. Uscii dal tribunale, lui mi salutò e se ne andò senza chiedere nulla in cambio. “Allora è amore” pensai, “perché l’amore è così: gratis”.
Lo fermai e lo invitai a bere un caffè per conoscere quell’uomo che mi pareva di vedere per la prima volta. Capii che era innamorato di Gesù e che Gesù gli aveva ridato la vita. Ero senza parola. Nel frattempo, anche io avevo iniziato un cammino di fede.
Dopo aver parlato ed esserci scoperti persone nuove decidemmo di ricorrere alle cure di una saggia persona del Movimento ecclesiale a cui oggi aderiamo. Lui ci aiutò a far luce su noi stessi e ci ricordò che il matrimonio non è solo una promessa che gli sposi fanno davanti a Dio, ma è Dio stesso che promette di concedere la grazia di amare come Lui.
Tornammo a casa insieme e dalla sera stessa il nostro matrimonio tornò a vivere.
Oggi non smettiamo di ringraziare Gesù, Colui al quale dobbiamo tutta la nostra gratitudine, il nostro amore, la nostra vita.
Betti e Alfonso Riccucci – da Zenit