Con Pino, un amico, sto rientrando a casa dopo una pizza. Davanti alla nostra auto, un’altra procede a zig zag. Inutile lampeggiare, suonare il clacson. Solo affiancandoci, riusciamo a metter fine alla pericolosa corsa. Per noi i due ragazzi a bordo, in preda a droga o alcol, non sono degli estranei: sono “prossimi” da amare. Sono diretti in un paese vicino, ma irritati dalle nostre premure, rifiutano di esservi accompagnati e ripartono.

Eppure non possiamo abbandonarli così. Li seguiamo fino al paese, dove urtano contro una panchina. Tentiamo un approccio diverso: fingiamo di essere dei vecchi conoscenti. Un po’ rassicurati, ci chiedono aiuto per trovare ancora della “roba”, indicando anche chi può fornirla. Riusciamo a distoglierli a fatica e ci preoccupiamo di farli lavare ad una fontana: sono infatti sporchi di sangue.

In un momento di lucidità uno dei due dice: “Non è vero che tu mi conosci! Chi sei per trattarmi così? È la prima volta che qualcuno s’interessa a me quando sono in questo stato”.

Salvo – Catania