Venne un uomo mandato da Dio (Gv 1,6)
«State sempre lieti», dice s. Paolo. E una parola! La vita non è mica sempre così allegra… Con le grane che uno deve affrontare tutti i giorni, con le preoccupazioni che non mancano mai, con le notizie che si sentono in televisione o che si leggono sul giornale, con la stanchezza che uno si ritrova addosso, con certi ritmi di vita che ti tolgono il fiato (e con l’avvicinarsi del Natale, è ancora peggio!), non è che ci si possa sentire sempre su di giri. Per non parlare poi di quando non si sta bene; o quando ti trovi impotente di fronte alla sofferenza di una persona cara; o quando vedi proprio che nel mondo ci sono troppe cose ingiuste e sbagliate… È una parola stare allegri!
Vero è che qualche volta esageriamo nel vedere soltanto i lati negativi della vita e non quelli positivi… Com’è vero che quella gioia di cui parlano con insistenza le letture di oggi non è l’allegria a buon mercato di chi sta bene, si diverte e non ha fastidi. «Il Signore… mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati…» (cf 1ª lettura). L’invito alla gioia che viene dalla parola di Dio è rivolto non ai buontemponi e agli spensierati, ma proprio a coloro che conoscono e sanno per esperienza la fatica, l’ingiustizia e il dolore della terra. Deve essere ben motivato, questo invito, per aver senso e non apparire assurdo, quasi una presa in giro…
Gesù applicherà a se stesso queste parole del profeta Isaia e dirà: «Oggi si è adempiuta questa scrittura» (Lc 4,21). Se ha un senso l’invito di S. Paolo a «stare sempre lieti», il motivo è Gesù Cristo e ciò che egli rappresenta per noi. E non è per caso che detto invito ci viene rivolto espressamente proprio questa domenica: perché ci stiamo avvicinando a Natale, e Natale è la festa della «venuta» di Gesù Cristo sulla terra, e Gesù Cristo è precisamente colui che «ai poveri annunciò il Vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia» (cf Preghiera eucaristica IV). Poiché egli ci ha rivelato la bontà di Dio e con la sua morte e risurrezione ha riscattato tutto il male del mondo.
«State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie». Per imparare la gioia di cui parla la Scrittura, è necessario pregare. Ma pregare da cristiani, cioè mettendoci prima di tutto in ascolto della parola di Dio: pensando seriamente a ciò che diciamo nel «Credo», leggendo direttamente il Vangelo… Se crediamo in Gesù Cristo e nella sua parola, allora non potremo fare a meno di «rendere grazie a Dio» riconoscendo anche noi, come Maria, le «grandi cose» che egli ha fatto per noi (cf salmo responsoriale). Pregare significa cercare di vedere ogni cosa dal punto di vista della fede; e quindi ricordarci concretamente che Cristo è «il Salvatore» del mondo; e quindi ringraziare e benedire il Signore… La gioia più vera nasce dalla preghiera e conduce alla preghiera di lode a Dio.
E una testimonianza importante che noi dobbiamo dare alla società del nostro tempo, che dispone di tanti beni di consumo, che propone tante forme di evasione e di divertimento, ma conosce così poca gioia autentica. Come Giovanni il Battista, a suo tempo, venne per rendere testimonianza a Cristo, così tutti noi che ci professiamo cristiani dobbiamo saper dare alla gente che incontriamo la testimonianza della gioia, del sorriso, della cordialità… La gioia e la serenità nella vita quotidiana, la forza d’animo che sappiamo mostrare anche nelle difficoltà e nella sofferenza, sono come «la prova del nove» dell’autenticità della nostra fede. E sono un’ottima garanzia circa la credibilità del Vangelo e la sua verità… (elledici.com)
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