Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? (Mt 2,2)

L’Epifania è la festa della rivelazione, della manifestazione di Dio a tutti gli uomini. Tutti sono chiamati alla salvezza, a fare esperienza dell’infinito amore di Dio per ciascuno.

L’episodio narrato dal brano evangelico viene presentato come il “racconto dei Magi”. In realtà è un racconto che intende esporre la storia della salvezza a partire da alcuni esempi tipici. Mentre i Giudei della capitale restano distratti e il re Erode trama segretamente di sopprimere il bambino, dei sapienti vengono dall’Oriente per rendere omaggio (“siamo venuti per adorarlo”) al neonato re dei Giudei. Il contrasto è violento e chiaramente intenzionale. Di fronte al Signore che viene, ciò che conta non è più il far parte di un popolo, o la cultura, o la prudenza umana. Conta la disponibilità della fede e l’attenzione ai segni dei tempi. Ma questo cambiamento non avviene senza profonde e drammatiche tensioni. Così, mentre i pagani prostratisi, adorarono il bambino, i rappresentanti del popolo ebraico invece tramano di ucciderlo.

Fin dalla sua nascita, Gesù è pietra di scandalo; già nelle vicende della natività si profila l’ombra della croce. Per fortuna c’è stato, allora come oggi, chi si è messo in cammino, chi ha cercato, chi è andato per tentativi, chi non si è arreso di fronte alle difficoltà. E la loro perseveranza li ha portati alla meta, all’incontro. L’incontro con un bambino e sua madre. Gesù, Signore e servo ad un tempo; l’onnipotenza di Dio nella figura impotente di un bambino; Dio come “Dio-per-noi”. Dio che si fa uomo perché noi uomini possiamo diventare come Dio. Tutto questo i Magi cercano in quella domanda: Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?

Tu sei il Figlio mio, l’amato (Mc 1,11)

Gesù si è presentato ai suoi contemporanei, e oggi si presenta a noi, con un messaggio straordinario: la felicità e la vita sono per tutti. Ma chi è questo Gesù? Le letture di questa domenica intendono rispondere a questa domanda. San Marco ci racconta l’episodio del battesimo con questa intenzione: è la manifestazione di Gesù alle folle; meglio è la manifestazione della sua divinità.

Se San Pietro nel libro Atti degli Apostoli dirà che Gesù di Nazareth è passato “beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (Atti 10,38), il vangelo di questa domenica ci dice e impegna immensamente di più. Nell’episodio del battesimo infatti, Dio non si limita ad accreditare Gesù come suo profeta e a sostenerlo con la potenza dello Spirito. Va oltre: manifesta qualcosa del suo ineffabile mistero, proclama solennemente che Egli è il suo stesso Figlio. Il volto umano di Gesù nasconde e rivela una realtà divina. Gesù è il Figlio di Dio, che anima di amore ogni suo gesto di servizio. E nel Figlio anche noi siamo figli per adozione. Anche la nostra vita quindi, come la sua, dev’essere un servizio… nella carità. Perché anche noi in Gesù siamo gli “amati”.

Come per un papà e una mamma il loro amore non si divide ma si moltiplica per il numero dei figli, così è Dio per noi: ci ama, ciascuno, di un amore esclusivo, donando a noi il suo Spirito. Allora anche per noi i cieli si “squarciano”, si aprono e possiamo camminare con la certezza dell’infinito amore di Dio. Quell’amore che ci porta ad aprirci e a fare della nostra vita un dono.

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