Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17)
L’intero messaggio odierno rileva uno sconcertante contrasto di tenebre e luce, di giudizio e di salvezza. La tensione si fa drammatica nel brano evangelico; ma l’accento è posto tutto sul polo positivo: l’amore di Dio.
Egli “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” e poco dopo: “Dio ha mandato suo Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui” (Gv 3,17). Ma l’amore di Dio è “diverso” da ciò che noi chiamiamo amore, perché noi non riusciamo a comprendere il senso di una fedeltà non ricambiata, il senso di un amore deciso arischiare tutto, anche la vita per la persona amata. Eppure, così è l’amore di Dio per noi. E, trasformati dalla grazia del suo Spirito, così deve diventare anche il nostro amore per Lui e per i fratelli.
Cristo è il rischio corso da Dio per noi; la fede è il rischio che noi dobbiamo accettare di correre per Dio. Chi non osa rischiare così, non scoprirà mai cosa sia veramente amare. Si ama veramente non a parole, ma con la vita, cioè quando osiamo rischiare per Dio, come Dio ha rischiato per noi il suo Figlio Gesù. Sappiamo amare così noi? Sappiamo testimoniare con la vita il nostro amore a Dio e ai fratelli?
Lo sappiamo poi che l’amore in genere è fatto di piccoli gesti concreti: una parola, un ascolto, una condivisione, un perdono, un po’ di tempo donato, un bicchiere d’acqua, una visita, un’accoglienza. Cerchiamo in questa settimana che questi gesti nascano dal nostro cuore.
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