Per un motivo apparentemente banale, è nata una grandissima incomprensione con Amed, un amico egiziano, musulmano. Tra noi c’è sempre stato un rapporto di vera, profonda, fraterna amicizia.

Dovendo partire per un viaggio, tento di rappacificarmi con lui. Al mio ritorno lo cerco a casa, ma invano. Così per vari giorni. Finalmente lo trovo per strada e l’avvicino.

«Non riesco a perdonarti – mi dice subito -; posso farlo con i miei nemici, perché in fondo non mi interessano, ma le persone più care non riesco a perdonarle. E successo anche con mia sorella: sono stato due anni senza parlarle. Anni fa ho avuto un’incomprensione con mio padre: ho lasciato la mia casa e sono emigrato in Italia. Mi dispiace, ti voglio bene ma non riesco a perdonarti. In questa settimana sono molto calato di peso». Lo vedo, infatti, molto sofferente.

Gli dico: «Ti chiedo ancora scusa e perdono. E’ vero che non ci siamo capiti. Non mi meraviglio che tu non riesca a perdonarmi. E normale, nessun uomo può farlo. Solo Dio, Allah, può aiutarci. È un dono suo che ci concede se glielo chiediamo. Se tu sei d’accordo lo facciamo insieme, pregando in silenzio».

La strada è illuminata e abbastanza frequentata. Silenziosamente, in un angolo, ci siamo concentrati e a lungo abbiamo pregato Dio Padre (che Amed chiama Allah). Momenti interminabili! Quando finiamo Amed mi guarda dicendomi: «Ti ho perdonato, è la prima volta che lo faccio subito, così». «Certo – replico io -, questa volta è stato possibile perché lo abbiamo chiesto a Dio e Lui lo concede ai suoi figli!». Posso dirgli mol­te cose del perdono evangelico e lui annuisce. Siamo felici, nella gioia piena.

«Senti, Amed – aggiungo -, cosa ne dici se ringraziamo Dio?». Ci fermiamo di nuovo e silenziosamente, intensamente Lo ringraziamo.

M.P. – Italia