Qualche tempo fa c’erano state alcune involontarie incomprensioni con alcune persone impegnate in parrocchia. La cosa mi faceva alquanto soffrire. Anche perché sentivo che questa cosa rischiava di minare il clima di famiglia che si sta costruendo in questi mesi, specie con i giovani. La tentazione di prendere da parte queste persone e dire loro le cose come stanno era molto forte: tuttavia sentivo che quella non era la strada giusta. Non avrebbe costruito nulla di buono. Bisognava attendere, pregare, sperare e ancora attendere.

Questo mio continuo “perdere” ha giovato: le persone interessate da sole sono arrivate a riconoscere gli errori fatti e a ricominciare. È stata una esperienza forte e significativa perché il “rimanere nel silenzio e nell’attesa” mi costava tantissimo perché mi sembrava di non fare proprio nulla. E quando la tentazione di tornare con loro sui fatti accaduti era forte, cercavo di amarle con un supplemento di amore, a volte molto piccolo come dire loro un “grazie” in più, “sei proprio in gamba”, “hai avuto una bella idea”.

L’amore paziente ha sciolto ogni resistenza. E tutto è tornato come prima. Anzi: meglio! E così sono passato lentamente dalla tristezza alla serenità.

S.M.