Quando un’ondata di profughi si è riversata dal Kosovo in Macedonia, ci siamo trovati di fronte a uno spettacolo che non ci saremmo mai aspettati: file di persone affamate, infreddolite, sfinite dal lungo cammino, che avevano bisogno di tutto.
Un nostro amico musulmano si è recato sul posto per cercare la propria madre ma, di fronte a tanta sofferenza, si è fermato a consolare chi gli passava accanto.
«Ho cercato di aprire il mio cuore a tanto dolore – diceva -: lavare i piedi, dare una parola di conforto… Durante la Pasqua cristiana ho scoperto nella mia scuola, adibita a centro per i profughi, che, fra i musulmani, vi erano due famiglie cattoliche. La tensione fra le etnie era molto alta, per cui ho temuto per la loro incolumità. Ho pensato così di ospitarli nella mia casa, anche se ho solo due piccole stanze, con servizi improvvisati… ed erano in arrivo mia madre, mia sorella con la famiglia e altri parenti, che aspettavano da giorni alla frontiera che qualcuno li accogliesse! Da questo piccolo gesto è nata una catena di generosità. Altre persone hanno aperto le loro piccole e povere abitazioni per accogliere mamme e bambini, facendo ritornare il sorriso sul volto di molti».
R.B. – Macedonia