Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36)

Dio ha creato per la vita. Sta di fatto che, per gli squilibri apportati dal peccato, la morte regna nel mondo (1a lettura). Però dal Cristo essa viene vinta, viene privata della sua definitività: è alla vita che spetta l’ultima parola (vangelo). Dio ha condiviso con noi le sue ricchezze, perché anche noi, con la reciproca condivisione dei beni, sappiamo fare “uguaglianza” (2a lettura).

Il racconto della figlia di Giairo vuol essere un segno che la morte non spegne la vita dell’uomo e che la fedeltà di Dio permane oltre la morte; è un preludio a ciò che la risurrezione di Gesù annuncerà con maggiore chiarezza; è l’esperienza fatta da alcune persone accanto a Gesù, come Giairo e i discepoli: che vicino a Lui scompare la paura della morte, che essa non è la fine, che Dio non permette la scomparsa totale dell’uomo.

Con Gesù risorto la morte ha cessato di essere una condanna senza appello, un evento senza speranza: la vita continua anche dopo, come dono di Dio. “Non temere, soltanto abbi fede!”, dice Gesù a Giairo.

Gesù si è mostrato solidale con tutte le sofferenze umane e ogni volta che ha incontrato come controparte la fede, le ha superate. Chi ha fede, si fida cioè e si affida a Dio, prima o poi la spunta. Le fede guarisce l’emoroissa (v 34), ridona la figlia a Giairo (vv 36 e 42).

Paura, scoraggiamento, disperazione: queste sono le cose che uccidono l’uomo. La fede che non vacilla, la speranza che tiene duro nella lotta contro il male: questo porta salvezza all’uomo. Gesù riscatta le lacrime e le ferite dell’umanità, aprendole alla speranza e alla vita. In questa settimana facciamo nostra l’invocazione: “Credo, Signore, ma tu aumenta la mia fede” (Lc 17,5).

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