“Perché credo?”: una domanda apparentemente scontata che mi ha lasciato quasi smarrito. E mi ha dato l’occasione di riflettere.

Innanzitutto credo per DONO. Fin da bambino ho ricevuto la fede e la possibilità di vivere nella Chiesa per dono dei miei genitori, che a loro volta lo avevano ricevuto e lo ritenevano di fondamentale importanza anche per me loro figlio.

Poi per dono ricevuto attraverso le molte persone che ho incontrato, che mi hanno testimoniato la presenza di Dio con la loro vita: amici, parenti, sacerdoti o anche testimoni fino a quel momento sconosciuti che hanno lasciato in me una traccia, che mi hanno regalato una luce, che hanno condiviso con me una riflessione o un pezzo di cammino.

Poi ancora attraverso la mia famiglia: grande dono essa stessa che in ogni istante ricorda la grande generosità di Dio e la bellezza e la sacralità della vita, che allo stesso tempo ci richiama all’amore attraverso la quotidianità, le fatiche di ogni giorno, la responsabilità delle vite che mi ha affidato. Basta guardare un bimbo negli occhi per comprendere che non può essere solo nostro e venire solo da noi, ma che ci è stato affidato da Dio che a sua volta crede in noi in una maniera incredibile per affidarci tanta responsabilità e altrettanta gioia.

Credo perché ho sperimentato di persona e ancor di più insieme a Silvia che alla nostra piccola e fragile fede, al nostro affidarci a Lui perché ci indicasse la strada – sia quando ci sentivamo pieni di forza e avevamo sete di conoscere il suo progetto, sia quando il dolore è arrivato anche nella nostra famiglia – ha sempre corrisposto una Provvidenza incredibile, che ci ha ricolmato di doni ben oltre ogni desiderio. E allora ho capito che credo perché non si può fare a meno, perché solo così la mia vita ha un senso molto più grande e pieno, perché solo in Dio è possibile trovare la strada, le istruzioni per il cammino e la forza per percorrerlo con la certezza della meta. Ad ogni inciampo il suo perdono sempre a disposizione, ad ogni bivio un segno che indicava la direzione, ad ogni stanchezza acqua fresca e doni nuovi.

La strada sembra lunga? Beh, il bello è proprio quello: continuare il cammino con nuove sorprese! Se crediamo di essere arrivati, forse ci siamo solo seduti e ci stiamo perdendo il panorama dalla prossima curva!

Se seduti attorno alla tavola mi guardo intorno, non posso che lodare il Signore per le sue meraviglie. Se invece la stanchezza della giornata, le preoccupazioni del lavoro o semplicemente la fame ci fanno fare un veloce segno della croce, per buttarci nel piatto di pasta e nel marasma serale, allora ci pensa la tua bimba di due anni che con tutta semplicità inizia “Ave Maria…”. Subito ci guardiamo sbuffando e ci sembra un’eternità quell’ulteriore attesa, poi la recitiamo tutti insieme, lei ci sorride e ancora una volta ci ha ricordato cosa è più importante, qual è il vero cibo, il resto può aspettare…

Michele