Chi viene a me non avrà fame… (Gv 6,35)
L’uomo non può vivere senza sicurezze. Per questo è sempre alla ricerca di qualcosa che dia stabilità alla sua vita, ricerca di un “pane” che non sia semplicemente terreno, sempre inadeguato e in pericolo di venir meno.
A differenza della manna che non liberava Israele dall’incertezza quotidiana (1a lettura), Gesù si presenta come “pane di vita” che sazia per sempre (vangelo). Lui è l’“uomo nuovo” che siamo invitati a rivestire (2a lettura), che è in grado di orientare e alimentare la nostra vita.
Gesù, dietro l’incalzare appassionato della folla, si presenta come “pane della vita” (v 35) in grado di soddisfare per sempre le più profonde richieste umane, perché “disceso” dal cielo” (v 33). Per cui andare a Lui significa non avere più né “fame” né “sete”, significa trovarsi “saziati” per sempre (v 35).
È bello allora chiedersi in quale senso Gesù è il nostro autentico pane di vita? È proprio Lui il centro della nostra esistenza? Certo sappiamo che nell’Eucaristia Gesù si dona a noi per trasformarci in Lui. Ma è anche vero che noi diventiamo simili a Lui quando Lui, e Lui solo, diventa il nostro cibo.
Pane della vita, Gesù ci dà la forza di condurre un’esistenza semplice, capace di accettare la rinuncia con gioia, perché trasforma la rinuncia in dedizione. Chi desidera questa vita semplice, vicino a Dio, cerca la comunione con Gesù, va da Lui: così non avrà più fame né sete per l’eternità. E come Gesù è diventato nostro “pane” perché ha donato tutta la sua vita per noi, noi lo diventiamo per i nostri fratelli se facciamo altrettanto, quando cioè ci doniamo loro.