A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?  (Lc 1,43)

Le promesse di Dio non vanno mai a vuoto. Il Messia annunciato, “colui che deve essere il dominatore in Israele” (1a lettura), giunge tramite la disponibilità di Maria al piano di Dio(vangelo). Egli viene per salvare l’uomo mediante l’offerta del proprio corpo (2a lettura). In Maria, nuova arca dell’alleanza, è Dio stesso che prende dimora e viene tra gli uomini: ora egli non abita più in case di pietra, ma in persone vive (v 43). Ciò è avvenuto perché Maria si è spalancata al grande mistero, all’iniziativa divina “ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (v 45). Essa non ha tenuto gelosamente per sé la gioia della manifestazione di Dio, la salvezza che è sopraggiunta, ma “in fretta” la comunica, la condivide con gli altri (vv 39 ss).

E dove giunge la salvezza, ivi scoppia la gioia: il bambino “sussulta” nel seno materno, le persone vengono ricolmate di Spirito Santo e il povero ritrova fiducia in se stesso, perché ha scoperto chi è il suo Salvatore e innalza a Dio il suo inno di gratitudine.

È un incontro di gioia quello che avviene tra Elisabetta e Maria, una gioia che irraggia da queste due donne. E ognuno dei protagonisti di questo incontro interviene a suo modo: c’è ilgrido di Elisabetta, mossa dallo Spirito; c’è la danza del Battista nel grembo di sua madre; c’è il cantico di Maria che loda il Signore e la sua misericordia.

Come sarebbe bello se anche noi, come Elisabetta, nel linguaggio semplice e piano di ogni giorno, dessimo voce alla gratitudine di un popolo che vede i segni di Dio nella storia!

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