7 aprile 2019 – 5ª di Quaresima

Isaia 43,16-21 / Filippesi 3,8-14 / Giovanni 8,1-11

Gesù disse: neanch’io ti condanno (Gv 8,11)

Il vangelo odierno presenta Cristo come colui che non solo invita alla conversione, ma dona al peccatore il perdono, cioè la possibilità di una vita nuova. Mentre noi siamo portati a vedere gli sbagli altrui e a condannare, Gesù, pur non eludendo il problema del male, anzi denunciandolo pienamente, non pronuncia condanne, non crea delle esclusioni, ma vuole aiutare a superarlo. A lui non interessa l’eliminazione del peccatore, ma la sua liberazione.

Gesù “si alzò”: si alza come davanti ad una persona attesa, importante. Si alza dalla polvere all’altezza dei suoi occhi. E “le disse”: nessuno le aveva parlato, era solo una “cosa” trascinata là in mezzo. E la chiama “donna”: Gesù non vede una peccatrice, ma una donna; fragile, certo, come tutte le creature umane, ma vera, che vuole vivere. Lei non è il suo male, non appartiene al suo passato, ma al futuro. “Neanch’io ti condanno”: Gesù non giustifica l’adulterio, non banalizza la colpa, ma faripartire la vita, riapre il futuro a quella donna.

Il cuore del racconto non è il peccato da condannare o da perdonare, ma un Dio più grande del nostro cuore, un Dio che desidera che l’uomo viva. Viviamo questi giorni con l’umiltà di lasciarci cadere di mano tutte le pietre dei giudizi nei confronti degli altri e di noi stessi. Chiediamo la gioia di sentirci perdonati e di perdonare a nostra volta ogni prossimo.

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