La mattina dell’esame, mi turbinavano nella mente formule su formule. Avevo, sì, cercato di ripassare coscienziosamente tutto, ma l’ansia crescente mi provocava lacune improvvise nella memoria. In chiesa però, dove sono passato prima di recarmi all’università, davanti al tabernacolo, ho ritrovato un po’ di pace. E ho capito che quello che mi aspettava poteva essere un esame diverso dal solito. Bastava che mi ricordassi di una sola cosa, l’unica necessaria: nel professore che mi avrebbe esaminato era presente Gesù. Così ho cercato di fare poco dopo, ed è stata un’esperienza interiore tale che non mi sarà facile dimenticarla. Innanzitutto, il professore è stato comprensivo con le mie esitazioni alla lavagna; rincuorato, ho risposto a tutte le domande. Tranne una, l’ultima, fatta dal professore mentre già stava per scrivere il voto sul libretto. Pronto alla bocciatura, stavo con l’animo sospeso, quando lui ha osservato: «Mah, questa parte nessuno sa dirmela… ». E ha lasciato correre. A me è sembrato di aver superato anche un altro esame, quello della carità.
G.B. -Italia