30 giugno 2019 – 13ª domenica t. ord.
1Re 19,16b.19-21 / Galati 5,1.13-18 / Luca 9,51-62
Tu invece va’ e annuncia il regno di Dio (Lc 9,60)
Dalla politica alla pubblicità degli articoli più diversi, la parola “LIBERTÀ” è una di quelle che fanno sempre effetto: una sorta di parola magica, che al solo sentirla fa scattare i meccanismi interni della nostra sensibilità, prima che abbiamo il tempo di ragionare (ed è proprio per questo che i politici e i pubblicitari ne fanno uso così frequente!).
Parola che sembra riassumere e racchiudere in sé tutti i sogni e le attese che nascono dalle nostre insoddisfazioni di ogni genere. Parola che proprio per questo a sua volta genera tanti equivoci e delusioni.
Anche Paolo parla di libertà: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. Ma a scanso di equivoci spiega subito che questa “libertà” non è quella dell’evasione da ogni impegno, costrizione o responsabilità, ma consiste in verità nel far propria la “legge” più esigente e più vincolante di tutte: quella della carità, quella che dice di “mettersi a servizio gli uni degli altri” (cf 2ª lettura). Francamente: credo che tutti pensiamo ad altre cose quando sogniamo un po’ più di “libertà”…
Il fatto è che noi pensiamo sempre alla libertà in termini di “poter fare quello che ci piace” (o ci piacerebbe…) senza alcun impedimento. Mentre Paolo dice che proprio questa è la “schiavitù” da cui dobbiamo cercare di liberarci: la schiavitù di noi stessi e del nostro egoismo.
“Camminare secondo lo Spirito… lasciarsi guidare dallo Spirito…” è la stessa cosa che cercar di seguire, come norma fondamentale della vita, la legge della carità: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Mentre “soddisfare i desideri della carne” nel linguaggio di Paolo significa seguire praticamente come norma di vita quella del proprio interesse, del proprio prestigio, del proprio potere, del proprio piacere e così via.
“Camminare secondo lo Spirito” è la stessa cosa che “seguire Gesù Cristo” (cf Vangelo). Solo che seguire Cristo non è come andar dietro alla moda o seguire la corrente… Spesso è piuttosto un andar contro corrente. È un cammino in salita e non proprio comodo. Ci vuole un buon fiato e un po’ di coraggio: il “soffio” dello Spirito, appunto, e la forza che viene dallo Spirito del Signore risorto. (… )
Certo però che seguire Cristo per la strada di una fede forte, convinta e coerente fino in fondo, al di là delle belle parole che si possono dire in una predica… non è così facile! Nel cammino quotidiano della fede ci ritroviamo tutti con il fiato corto; e spesso più pieni di paura che di coraggio, quando si tratta di fidarci della parola di Cristo più che delle nostre presunte sicurezze ed evidenze.
Ma dobbiamo riconoscere che Gesù non ha mai illuso né ingannato nessuno in proposito: è lui il primo a dire chiaramente che per seguirlo ci vuole un bel po’ di coraggio e di decisione.
Perché seguire Cristo significa esporsi alla logica della povertà. Che a questo mondo vuol dire insicurezza: non contare né sui soldi né su chi li ha, né sul potere né su chi lo detiene, né sul prestigio personale né sull’appoggio di chi gode di prestigio e autorità… Ma contare esclusivamente su Dio come nostra “parte di eredità” e nostro “rifugio” (= sicurezza); sapendo che “senza di lui non abbiamo alcun bene” vero, e che “nelle sue mani è la nostra vita”. Egli “non abbandonerà la nostra vita nel sepolcro”, ma ci accoglierà nella “gioia piena della sua presenza” per una “dolcezza senza fine alla sua destra” (cf salmo responsoriale).