Non ero in grado di ammettere d’essere malato d’alcolismo. D’altra parte sentivo vergogna di non riuscire a resistere all’alcol, ma respingevo ogni tentativo degli altri ad aiutarmi. In questo disagio crescente ho implorato Dio di concedermi una grazia.
Dopo, una mattinata, in un magazzino di mobili, ho iniziato un colloquio personale, aperto, profondo con un amico. Non era una semplice chiacchierata, ma uno scambio essenziale, esigente, con momenti durissimi, ma salutari: l’amico mi ha offerto qualsiasi appoggio, purché io mi decidessi a uscire dalla mia malattia.
Questo portare alla luce del sole la mia situazione e l’ammettere da parte mia la debolezza, mi ha come liberato.
Mi sentivo sì sprofondare nel nulla, ma allo stesso tempo sicuro dell’amore di Dio, a cui m’ero affidato, e dell’amore del mio amico. E ho avvertito la forza di avviarmi a una cura da cavallo sul piano medico, psichico e spirituale: una via esigente e dura.
Pian piano è scomparso il mio senso d’isolamento. Ho sperimentato il perdono e ho cominciato a perdonare anch’io. Ho conquistato la sincerità e anche la giusta umiltà, conoscendo i miei pregi e difetti. A un certo punto ho lasciato perdere tutte le mie mete ed i miei piani, abbandonandomi ai piani di Dio e scegliendo come mai prima Gesù crocifisso come mio unico bene.
Mi è sembrato il biglietto d’ingresso in una vita nuova.
Ora vivo con una gioia tutta speciale, come una persona rinata. Nonostante che al lavoro l’alcol sia sempre a portata di mano, è passato già un anno e mezzo senza ricadute. I medici si meravigliano e lo considerano un miracolo. Io vi vedo la grazia ricevuta.
X.E. – Austria