15 settembre 2019 – 24a domenica t. ord.
Es 32,7-11.13-14 / 1Tm 1,12-17 / Lc 15,1-32
Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora (Lc 15,6)
Gesù ci rivela un Dio dalle braccia aperte, un Dio che va alla ricerca, un Dio che è amore e misericordia, un Dio che perdona il peccato e porta alla comunione con sé. Sentirsi amati singolarmente in modo incondizionato è l’esperienza che nessun progresso tecnologico né le conoscenze scientifiche e neppure l’economia del superfluo possono dare. Se riusciamo ad accorgerci che Dio ci ama in questo modo potremo anche avvertire che la lontananza da lui e l’indifferenza verso gli altri che ne deriva, significano perdere il nostro tempo, perdere veramente la vita.
Nella pagina evangelica odierna troviamo un Dio che si lascia coinvolgere dalle vicende umane. L’iniziativa divina appare chiara: è lui che si mette alla ricerca della pecora, della moneta e quando vede il figlio prodigo ancora lontano gli corre incontro. È immensa la sua gioia quando può dare libero corso al suo amore. Sbocco naturale infatti delle parabole è la gioia, che non rimane chiusa nel cuore del pastore o della donna di casa o del padre misericordioso. Tutti sentono la necessità di condividere la letizia. Allora è un invito anche per noi ad “entrare” nella gioia.
La fede in un Dio buono e misericordioso non è un trucco per tranquillizzare la coscienza; è l’esperienza di un incontro che significa perdono, proposta di vita, crescita e liberazione. Il suo perdono infatti e la sua misericordia significano inserimento nella sua famiglia, nella sua intimità. Dio ama e perché ama ci salva, ci perdona. Il perdono di Dio è superamento del peccato e dell’esclusione; è ritorno nella comunione con lui e con i fratelli. Il perdono di Dio diventa quindi sempre anche perdono fraterno. E anche il nostro perdono al fratello si colloca nella linea del perdono di Dio.