TUTTO È COMPIUTO

Ho ritrovato, tra le mie vecchie carte, una meditazione che tenni per il Venerdì Santo del 2000. Ero da poco più di un anno Vescovo di Arezzo – Cortona – Sansepolcro.

Dal Grande Giubileo del 2000, voluto e preparato da san Giovanni Paolo II, che avvertiva tutta la sua responsabilità di Pontefice nel dover introdurre la Chiesa e l’umanità nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, sono trascorsi 20 anni.

Si sente spesso dire: “Ma guarda come il mondo è cambiato!”. Tutti avvertiamo che non si tratta tanto di un’epoca di mutamenti, ma di una vera rivoluzione, che possiamo definire “cambiamento d’epoca”. C’è però un fatto che consola e apre alla speranza: Gesù Cristo. Egli è colui che “era”, che “è” e che “verrà”.

E come 20 anni fa, anche oggi, grazie a Dio, al timone della barca di Pietro c’è una guida sicura e forte, il nostro amato Papa Francesco.

“Tutto è compiuto”

La mia riflessione è per orientare a vivere bene il Venerdì Santo. Vi invito perciò a fissare lo sguardo su Gesù inchiodato alla croce. Egli non può più far altro che pendere e soffrire. Anche per noi vengono tali ore, in cui non possiamo far nulla: è un po’ quello che stiamo vivendo in questo periodo di pandemia, e non ci resta che perseverare con Dio.

È sempre l’innocente che soffre per il colpevole. È sempre il seme che deve morire se vuol portare frutto. Neppure a Gesù fu risparmiato nulla di quanto possa chiamarsi miseria umana. Tutto offrì al Padre, con libero atto di accettazione, come sacrificio infinito di lode, di ringraziamento e di espiazione per gli uomini. Soffrì la desolazione e l’abbandono. Lottò e combatté la sua battaglia, fra lacrime e tormenti: “con forti grida e lacrime si rivolse a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza…” (Eb 5,7-9).

Offrì preghiere e suppliche con alte grida e lacrime a Colui che poteva salvarlo e cercò con angoscia indicibile la mano del Padre emettendo un altissimo grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). La sua “kenosi” raggiunse il più profondo abisso. Gridò per esprimere la desolazione, l’orrore, lo spavento per essere il ripudiato, il maledetto, il colpito da Dio (Is 53,4). L’abisso in cui si trovava la natura umana per il peccato ricadde su di Lui e l’anima sua sperimentò l’angoscia. La forma della sua passione fu crudele, il supplizio terribile: fu alla mercé di uno sfogo selvaggio, di un gioco crudele delle passioni umane. Vengono alla mente le parole del Salmo 21,14: “Spalancavano le fauci contro di me, come leone che ruggisce bramoso di preda…”.

Una morte non gloriosa la sua, una morte drammatica (da malfattore). E nei terribili istanti del tradimento di Giuda, della folla che urla, del ladrone che bestemmia, non si è aperto per lui il minimo rifugio, e non è brillato il più tenue raggio di luce. Non sono venute le dodici legioni del Padre a liberarlo. Sulla sua “Via Crucis” solo rovine: anche la sua fine è stata un fallimento, ed è morto come un malfattore. Apparentemente, un uomo che muore nell’abbandono di Dio e nell’infamia degli uomini. Lui che “oltraggiato non rendeva oltraggio, e maltrattato non minacciava vendetta, ma si consegnava agli ingiusti” (1Pt 2,23).

Fratelli, in questa settimana di Passione, in cui abbiamo più tempo che negli altri anni, fermiamoci un po’ e guardiamo il Crocifisso: è il luogo del nostro incontro con Dio, del dono della vita, della remissione dei nostri peccati, della nostra giustificazione e santificazione. Guardiamo il Crocifisso: è il Signore! “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!” (At 2,36). Guardiamo il Crocifisso: questo mistero di amore e salvezza! Guardiamo il Crocifisso e ascoltiamo la sua voce: “Voi tutti che passate per strada, alzate lo sguardo e vedete se c’è un dolore grande come il mio” (Lam 1,12).

Fratelli miei, avessimo noi tutti i sentimenti di Francesco di Assisi, che si è talmente immerso nella meditazione del Crocifisso fino al punto di lasciarsi impressionare e di portare sulla sua carne le stimmate del Salvatore!

Guardiamo il Crocifisso: l’Agnello di Dio sulle cui spalle è gravato tutto il peso del peccato del mondo! Guardiamo il Crocifisso per le cui piaghe siamo stati guariti: egli ci ha amati per primo e ha dato sé stesso per noi! Guardiamo il Crocifisso che dall’alto del patibolo ci attrae tutti a sé, dal cui costato squarciato sgorgano l’acqua del Battesimo e il sangue dell’Eucarestia. Il Crocifisso, che ci dona sua madre e lo Spirito Santo. “Fulget Crucis mysterium”: il mistero della Croce rifulge!

Mi sono sempre rimaste impresse le parole di Paolo VI nella Via Crucis del 1972 al Colosseo: “Ascoltiamo Lui, il Crocifisso, Lui: Gesù, morto, ucciso, sepolto. Ascoltiamolo: se avesse ancora qualche parola da dirci. Si, Egli parla ancora: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi; ed io vi consolerò”. Sono parole di Cristo, sono vere, sono parole per noi infelici! Il Crocifisso parla a te, uomo che soffri; a te, uomo aggravato dalle fatiche e dagli affanni, dalle miserie della tua vita. Parla a te, ammalato; a te, povero; a te, emarginato. Parla a te, uomo che piangi; a te, uomo che forse ridi per non imprecare; a te, uomo che taci, all’orlo della disperazione. Colui che ti parla e ti chiama è l’uomo del dolore; colui che conosce il tuo soffrire ti parla: ascoltalo!”.

(…. ).

Concludo con un breve pensiero di Mazzolari: sono parole di commento alla Via Crucis, che bene possono concludere questa breve meditazione. “Il Crocifisso è l’offerta piena. Non si è tenuto niente, né un lembo di veste, né una goccia di sangue, né la madre. Ha dato tutto: ‘consummatum est’. Spogliato, nudo, mangiato dalle ferite, dalla sete dell’abbandono, dagli improperi: non c’è più figura di uomo. Dare tutto: ecco la carità. Dove finisce il mio, comincia il paradiso”.

A tutti voi l’augurio di una Pasqua buona, feconda di bene, di pace e di gioia nel Risorto.

Perugia, Settimana Santa 2020

Gualtiero Card. Bassetti