Con un figlio disabile si sperimentano spesso situazioni di ingiustizia, di mancata risposta ai bisogni, di non presa in carico nei vari campi della vita sociale e dell’assistenza.

Per esempio, penso alle varie visite che ogni 3 anni si ripetevano per l’invalidità. Penso alla modalità in cui si svolgevano. Il bambino entrava, si sedevano la mamma, di fronte ad una fila di medici, specialisti, assistenti sociali. Giovanni aveva l’immediata reazione di girarsi di spalle verso il muro, in direzione opposta alla commissione…

Una volta Giovanni è stato ricoverato a Milano per accertamenti. L’arrivo è stata una di quelle esperienze in cui ti senti solo, spaesato, arrivi in un posto che non conosci, non sai quello che devi fare, nessuno ti spiega nulla… Come mai nessuno mi offriva le informazioni necessarie? Mi sono arrangiata chiedendo agli altri genitori, al personale che vedevo disponibile…

Una volta ambientata, quando entrava qualcuno di nuovo gli leggevo negli occhi il disorientamento e le 1000 domande… allora mi offrivo spontaneamente per dare le spiegazioni necessarie, per accompagnarli in mensa e vedovo il loro volto rasserenato. A volte basta poco e l’ingiustizia si può trasformare in giustizia.

Mi piace concludere con una frase dei genitori di un bambino celebroleso: “Dobbiamo imparare a considerare quello che abbiamo come un regalo, quello che manca come una opportunità”.

P.N.