27 settembre 2020 – 26a domenica t. ord.

Ez 18,25-28 / Fil 2,1-11 / Mt 21,28-32

Ma poi si pentì e vi andò (Mt 21,29)

Dio non ama le belle mascherine. Non ama le persone che indossano il vestito del devoto per entrare in chiesa e lo depongono appena varcato il portone per tornare a casa. Non sopporta chi pensa di prendere per il naso Dio.

L’ipocrisia, gravissima malattia che colpisce soprattutto i religiosi e i politici, è il vizio contro cui maggiormente Gesù si scaglia nel vangelo! Dio preferisce il fratello tormentato e svogliato che lo contesta ma poi gli dà retta, al figlio perfettino che dice e poi non fa.

Gesù chiede autenticità e solo l’autenticità può creare lo spazio interiore per poter far nascere l’inaudita presenza di Dio.

Se siamo onesti con noi stessi ci rendiamo conto di essere poca cosa, cristiani altalenanti e svogliati, discepoli spesso incoerenti e goffi. Ma, e questo è essenziale, ce ne rendiamo conto e ne siamo addolorati. Perciò siamo disposti ad andare davanti a Dio spogli di ogni presunzione, svuotati da ogni orgoglio, deposta ogni inutile maschera.

Le prostitute e i pubblicani ci passano davanti perché hanno ascoltato seriamente l’invito alla conversione. Anche noi ascoltiamo con serietà e verità la Parola di conversione che ci rivolge oggi il nostro Dio!

Forse non siamo proprio dei discepoli-modello, né siamo molto soddisfatti del nostro essere cristiani. Ma se con autenticità sappiamo riconoscere anche le nostre ombre, allora potremo sperimentare la gioia di continuare a cercare di seguire il Maestro, pur nella consapevolezza dei nostri evidenti limiti… (Paolo Curtaz, 2014).

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