25 aprile 2021 – 4a di Pasqua

At 4,8-12 / 1Gv 3,1-2 / Gv 10,11-18

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore

e le mie pecore conoscono me (Gv 10,14)

Il calendario liturgico dice che in questa domenica si celebra in tutto il mondo la GIORNATA DI PREGHIERA «per ottenere alla Chiesa il dono di VOCAZIONI sacerdotali, diaconali e religiose». Di solito le «Giornate» di questo o di quest’altro che si fanno in chiesa finiscono sempre in una questua… Oggi invece ci viene chiesto solo di pregareTutto sommato ce la caviamo abbastanza in fretta: «Perché crescano le vocazioni… noi ti preghiamo: ascoltaci, Signore». Ed è bell’è fatto. Come dire: Signore, pensaci tu.

Troppe volte noi pensiamo al «pregare per» come un modo di scaricare un determinato problema sulle spalle del buon Dio. Salvo poi a non crederci molto che Dio lo risolva davvero… In realtà il pregare «per» questo o per quello, per essere una cosa seria suppone che prima abbiamo capito che cosa significa pregare e pregare da cristiani.

Non si tratta di chiedere a Dio che faccia andare le cose come vorremmo noi. Si tratta piuttosto di cercare di vedere e capire le cose come le vede e le pensa Dio. E il suo modo di vedere le cose Dio ce l’ha fatto conoscere attraverso la parola e tutta la vicenda di Gesù: la sua vita, la sua morte, la sua risurrezione.

Per pregare da cristiani anzitutto bisogna credere a ciò che il Vangelo insegna. Poi saremo in grado di rivolgere a Dio le domande giuste nel modo giusto (vedi il «Padre nostro»). Per esempio, bisogna essere profondamente convinti delle cose che abbiamo sentito nelle prime due letture: nessun uomo può realizzare davvero il senso della sua esistenza al di fuori di Gesù Cristo («In nessun altro c’è salvezza…»); noi siamo veramente «figli di Dio» e il nostro destino è quello di giungere a «vederlo così come egli è»…

Pensieri come questi dovrebbero orientare interamente la nostra mentalità e la nostra vita. E quindi anche la nostra preghiera. Ma allora non è più possibile pregare senza essere personalmente coinvolti in ciò che chiediamo a Dio. «Signore, manda alla tua Chiesa dei buoni preti!». Benissimo; uno di questi potresti essere tu, o tuo figlio… «Ma no, io volevo dire: manda qualcun altro!».

Pregare per le vocazioni vuol dire anzitutto verificare sinceramente con noi stessi se siamo persuasi che ai nostri giorni valga la pena una scelta di vita come quella del prete, del missionario, della suora (sottinteso: guardando ai modelli migliori, non a quelli più o meno mal riusciti… ). E vuol dire chiedersi perché sì o perché no. Ora, a guardar bene, il motivo per cui val la pena farsi preti è uno solo: ed è la fede sincera in Cristo e nel Vangelo. Ma questo è lo stesso unico motivo per cui val la pena tentare di vivere da cristiani.

Alla fin fine, pregare per le vocazioni vuol dire pregare perché il Signore faccia di tutti noi dei cristiani migliori e più sinceri: meno «borghesi» (come si diceva qualche anno fa), meno chiusi nei nostri piccoli ed egoistici ideali di soldi, di benessere e di vita facile; e un po’ più aperti, disponibili e generosi nei confronti dell’ideale evangelico della dedizione della propria vita per gli altri (cf Vangelo).

Non è onesto «pregare per le vocazioni» pensando sempre a qualcun altro. Salva la libertà e la fantasia della grazia di Dio, le vocazioni sacerdotali e religiose nascono dove si prende sul serio la vocazione cristiana…

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