2 maggio 2021 – 5a di Pasqua

At 9,26-21 / 1Gv 3,18-24 / Gv 15,1-8

Rimanete in me e io in voi (Gv 15,4)

La Bibbia usa più volte l’immagine della vite per descrivere il rapporto tra Dio e il suo papolo. Il testo che ci viene donato in questa domenica ci parla di una vigna che risponde alle attese del vignaiolo: Gesù dice parlando di sé: “Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore” (Gv 15,1).

Quando leggiamo questo brano poi siamo colpiti dalla frequenza con cui l’evangelista usa il verbo “rimanere”. È una “catena” di rimanere: i discepoli rimangono in Gesù come tralci nella vite; Gesù nell’amore del Padre; Gesù nei suoi discepoli; la gioia di Gesù nei discepoli. Cerchiamo di capire che cosa vuol dire “rimanere”, un verbo che dice idea di durata. Per la tradizione biblica solo Dio “rimane”: lui è la roccia, e la dimora; è da sempre e per sempre. La vita umana invece è instabile, fragile, frammentata: “è come un fiore di campo; è il soffio del vento”. Poiché Dio “rimane” l’umanità può porsi alla ricerca di lui.

Quando i due discepoli del Battista vivono il loro primo incontro con Gesù si sentono chiedere: “Che cosa cercate?”. Ed essi gli rispondono: “Maestro dove dimori?”. E sappiamo che i due non sono solo alla ricerca di un luogo, ma di una relazione, di qualcuno con cui rimanere perché la vita abbia significato: “Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui” (Gv 1,31).

Attraverso il seguire poi Gesù, il “rimanere con” assume una qualità più profonda espressa dall’evangelista nel “rimanere in”: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4). Come camminare nel ritmo frenetico delle nostre giornate “rimanendo” nella relazione con Cristo? Rimanendo innanzitutto nella Parola e che la Parola abiti in noi: una Parola conosciuta, amata, vissuta e comunicata. Rimanere poi in Gesù “come i tralci nella vite”. Rimanere ancora nell’amore del Figlio: soltanto l’amore rimane.

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