3 ottobre 2021 – 27a domenica Tempo Ordinario
Gen 2,18-24 / Eb 2,9-11 / Mc 10,2-16
Lasciate che i bambini vengano a me (Mc 10,14)
Il vangelo di oggi ci propone il brano della disputa tra Gesù e i Farisei sulla liceità del divorzio. (… ).
Gesù taglia corto su tutte le casistiche giuridiche e rimanda a un principio-guida superiore da assumere come norma di pensiero e di comportamento. Il progetto originario di Dio (“all’inizio della creazione…”) prevede che marito e moglie costituiscano tra di loro un’“unità” tale da non poter più essere divisa: “Non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. E questo è diventato il modo propriamente cristiano di concepire il matrimonio: un impegno reciproco di fedeltà, di amore e di unità “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia… tutti i giorni della vita”, come si dice appunto quando ci si sposa in chiesa.
Come dire che chi volesse sposarsi in chiesa, ma mettendo in conto già in partenza l’ipotesi del divorzio “se poi le cose non vanno bene…”, farebbe bene a ripensarci. È vero che la legge attuale dello Stato italiano prevede la possibilità del divorzio. Ma è anche vero che le leggi dello Stato non sempre coincidono con quelle della Chiesa; anche se, in regime concordatario, il matrimonio celebrato in chiesa “produce anche gli effetti civili secondo le leggi dello Stato”. (… ).
Il principio dell’indissolubilità basta da solo a far intuire tutta la serietà della concezione cristiana del matrimonio. Non è solo questione di reciproca attrazione sessuale. Non è neppure soltanto questione di sentimenti spontanei (“Ti amo… non ti amo più!”). È questione di libero e cosciente impegno d’amore, che accetta a occhi aperti tutti i rischi del futuro con la clausola ineludibile: “insieme”.
Alla base di questa concezione del matrimonio c’è una precisa concezione dell’“amore”: quella che ha come modello originario Dio stesso e che si è chiaramente manifestata in Gesù Cristo. Amare significa volere, cercare, fare il bene dell’altro, fino al sacrificio di se stessi. Con l’aiuto della grazia di Dio, che è più forte della “durezza di cuore” umana…