Insegno letteratura inglese in un college. Un giorno, per scuotere un mio alunno “difficile”, gli proposi di scrivere un’esperienza, quella che voleva. Con sorpresa di tutti, acconsentì… Scrisse che era appena uscito dall’ospedale dove lo avevano curato per una ferita da taglio. La sua amica gli era morta tra le braccia, pugnalata.

Durante la lezione successiva, continuò a descrivere la sua vita vuota: si era dato alla droga, non aveva una vera famiglia, la guerra fra bande era tutto il suo universo. Un po’ alla volta sembrò cambiare in volto. Gli altri allievi facevano a gara per considerarlo uno di loro.

Ma poi tornò di nuovo accigliato: la polizia gli aveva trovato addosso un pugno di ferro. “Quando ti presenterai ai giudice – gli dissi –, raccontagli il positivo che noi vediamo in te». E lui, tristemente. “Non credo che ce ne sia…». Insistetti. Due giorni dopo riapparve al corso: “Il giudice mi ha lasciato libero!». Gli altri: “Vedi che non sei così cattivo!». Da quando avvertì l’affetto della classe, si mise a studiare con uno slancio incredibile.

Mariam – Usa