1 maggio 2022 – III domenica di Pasqua

Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro? (Gv 21,15)

Gli Apostoli avevano ricevuto dal Risorto, nel giorno della risurrezione, il mandato missionario (Gv 20,21-23). Eppure ritornano a pescare. Questo significa che quel ritorno alla pesca non è una regressione alla vita precedente. Pietro, con gli altri sei amici, dichiara – per via simbolica – di adempiere la missione affidatagli da Gesù. L’immagine della pesca è “rendere visibile” quella che è la missione della Chiesa.

L’iniziativa tuttavia è fallimentare: “quella notte non presero nulla”. D’altra parte Gesù aveva detto: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Nel passaggio dalla notte all’alba arriva il Risorto e rilancia le sorti della pesca: essa diventa abbondante: presero una “grande quantità di pesci”.

Al racconto della pesca segue un dialogo tra Gesù e Pietro in cui emerge che cosa è essenziale, il suo compito ecclesiale e la sua sorte finale. Per tre volte Gesù chiede a Pietro se lo ami e per tre volte risuona l’invito di Gesù a pascere i suoi agnelli. La triplice domanda d’amore evoca il triplice rinnegamento di Pietro nel cortile della casa del sommo sacerdote (Gv 18,15-27). Il discepolo che ha negato il proprio discepolato si confronta con l’essenza del discepolato: l’amore: “mi ami tu?”.

Questa domanda oggi è rivolta a noi, comunità del Risorto. Ogni comunità è composta di donne e uomini che sono chiamati a compiere lo stesso itinerario di Pietro: proprio perché si è lasciato amare da Gesù nella sua fragilità, è diventato capace di amare a sua volta. Anche noi quando rinunciamo all’illusione di farcela da soli e accogliamo l’amore di Dio che ci precede sempre e ci risana, ritorneremo capaci di adempiere la “missione” che ci è affidata. Capaci di amare perché da sempre amati.

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