4 settembre 2022 – XXIII domenica del Tempo Ordinario
Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi,
non può essere mio discepolo (Lc 14,33)
Dopo la sosta nella casa del fariseo anonimo, Gesù riprende il viaggio verso Gerusalemme. È attorniato da numerosa folla. La ripresa del cammino fornisce al Maestro l’occasione per impartire un insegnamento sapienziale sul significato autentico dell’essere discepoli. Luca, l’evangelista, sottolinea la radicalità della proposta di Gesù. Il discepolo è invitato dal Maestro ad un amore esclusivo nei suoi confronti, tanto da essere disposto a rinunciare alla propria vita per causa sua. Il discepolo è chiamato ad un amore totalmente gratuito, sull’esempio di Gesù, che non ha esitato a perdere la propria vita per la salvezza del mondo. In altre parole il cristiano è chiamato ad amare per amore di Gesù, non per amore di sé, dei propri cari o di ideali, che per quanto nobili, restano sempre troppo umani.
E Gesù non dice “non può diventare mio discepolo”, ma “non può essere mio discepolo”. Perché l’essere discepolo non dipende da noi, ma da Gesù: è Lui che chiama ed è Lui che decide. Il cristiano è chiamato a liberarsi dalle false sicurezze cui è tentato di aggrapparsi per concentrarsi sull’unica certezza, che è la Parola di Dio, vera ricchezza per chi crede. Il discepolo ha il coraggio di “rinunciare” alle tante sicurezze che il mondo offre, soprattutto quelle del possesso dei beni materiali. Per seguire Gesù, occorre “congedarsi” da tutto ciò che ostacola e impedisce un’adesione totale di sé alla persona di Gesù e al suo Vangelo. Il discepolo allora è uno che accoglie una Parola esigente, sapendo che è parola di vita. Percorre un cammino come quello della croce, sapendo che è l’unico che porta alla resurrezione; si distacca dai beni per essere libero di amare Dio e il prossimo. Rinuncia perché ha trovato il tesoro.