Il marito barbaramente ucciso pochi minuti prima, lei annichilita dal dolore. Gemma Capra, vedo- va del commissario Luigi Calabre- si assassinato nel 1972 da un commando armato, ha fissato quei momenti nel libro “La crepa e la luce”, intenso diario dell’ani- ma, storia di dolore e ripartenza.

Così descrive i momenti immediatamente successivi alla morte del marito che don Sandro, il sa- cerdote che li aveva sposati, le aveva appena comunicato con un filo di voce. “Era come se qualcu- no mi avesse presa in braccio e io, abbandonata in quell’abbrac- cio, capii, seppi, senza ombra di dubbio, che ce l’avrei fatta (…) perché non ero sola (…). Piena di quella sensazione mai provata, feci una cosa assurda e inspiega- bile. Io, una ragazza di 25 anni a cui avevano appena ammazzato il marito, strinsi le mani di don Sandro e mormorai: diciamo un’Ave Maria per la famiglia dell’assassino”.

Il giorno dopo sul “Corriere della sera” viene pubblicato il ne- crologio della famiglia: “Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno”, le parole di Cristo sulla croce. “Quelle parole, anno dopo anno, sono fiorite dentro di me fino a fare di quel necrologio una corda che mi ha aiutata a risalire la china, e il pri- mo gradino su cui ho, senza nemmeno saperlo, posato il pie- de nel percorrere la mia strada di perdono”.

Giorgio Paolucci – Avvenire 21/08/22