Quando, per rispondere all’appello fatto da papa Francesco ad ogni parrocchia di prendersi in carico una famiglia di profughi, abbiamo aderito alla richiesta d’aiuto del nostro parroco, non immaginavamo la serie di problemi che ne sarebbe seguita. L’occasione è stata l’arrivo di una madre incinta, fuggita dal suo Paese dopo che le avevano ucciso il marito. In seguito, ci siamo impegnati per far arrivare in Italia, ad uno ad uno, anche gli altri figli ospitati da parenti.

Non possiamo negare che il tranquillo tran tran della nostra comunità è stato messo fortemente alla prova, ma dobbiamo anche riconoscere che aprirci ai bisogni degli altri è stato un salutare elettroshock: ci ha costretti rivedere fino a che punto eravamo cristiani coerenti.

Ora che è trascorso qualche anno, ci rendiamo conto del dono enorme ricevuto: un cuore dilatato, più sensibile alle sofferenze umane.

P. e A. – Italia