Cosa significa oggi per me essere sacerdote a venticinque anni dal suo inizio? È essere contemporaneamente (per quanto è possibile a una creatura umana) Gesù del Cenacolo e Gesù del Calvario, Gesù delle folle e Gesù del Getsemani, Gesù degli osanna e Gesù del “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, Gesù della morte e Gesù della risurrezione. In una parola: vuol dire essere sempre di più, ogni giorno, un pochettino di più, Gesù, così come l’eterno Padre desidera e dispone nella sua amorosa volontà. 

Vorrei aggiungere ancora qualcosa. Sarà per il momento attuale di vita, sarà per un ulteriore oscuro dono del Signore, io vivo senza il passato e vivo senza il futuro. Senza il passato: ricordo ben poco di quanto il Signore si sia servito di me. Senza il futuro: che lascio totalmente al Signore cui mi affido sicuro. Si serva di me e come vorrà. 

Non ho che l’attimo presente. In esso, poter fare o no, sia umanamente sia sacerdotalmente, non conta. Conta solo essere quella volontà di Dio su di me. Questo io voglio. 

C. F. – Italia