Alcuni magi vennero da oriente.

Di solito, il significato preciso delle feste della Chiesa si ricava dal Vangelo del giorno, anche quando il nome della festa è un po’ misterioso. Ora, il Vangelo di oggi è incentrato sulla figura dei «Magi»; personaggi a loro volta misteriosi quanto mai, di cui non si sa esattamente nulla: né chi fossero, né quanti fossero, né di dove venissero… La fantasia dei buoni cristiani e degli artisti dei secoli antichi ha provveduto a colmare questo vuoto dicendo che erano tre e che erano re; ma questo il Vangelo non lo dice. L’unica cosa certa che risulta dal Vangelo a proposito dei «Magi» è che non erano Ebrei. Ma è proprio questo l’unico particolare importante nel racconto del Vangelo: alcuni stranieri pagani (probabilmente studiosi del cielo e dei suoi fenomeni…) arrivano a Gerusalemme e poi a Betlemme per «adorare il re dei Giudei che è nato». 

La parola «EPIFANIA» vuol dire manifestazione: ma non nel senso moderno di raduno, comizio, corteo, ecc., bensì nel senso di rivelazione. Come dice la «colletta» della Messa di oggi, è Dio che «con la guida della stella, ha rivelato alle genti il suo unico Figlio». «Le genti» – o «i Gentili», come dice S. Paolo nella 2a lettura – sono tutti gli altri popoli della terra, da cui il popolo d’Israele si distingueva come unico «popolo eletto» di Dio. 

Nell’episodio evangelico dei Magi si manifesta per la prima volta una grande verità: quel «mistero» – come lo chiama S. Paolo – che era rimasto nascosto precedentemente sia agli Ebrei che agli altri popoli, e cioè che Cristo è l’unico salvatore di tutti gli uomini. Se per un verso Gesù è «il re dei Giudei», il Messia discendente di Davide, nato a Betlemme, conforme alla parola del profeta Michea (cf Vangelo), per altro verso egli è destinato a essere «luce per illuminare le genti» – come dice Simeone – «salvezza preparata da Dio davanti a tutti i popoli» (Lc 2,30-32). 

Ecco il vero messaggio della festa di oggi, a conclusione delle feste natalizie: Gesù Cristo non è venuto soltanto «per qualcuno»; è venuto per tutti. Egli non appartiene in monopolio a nessun popolo e a nessuna religione. Egli è l’unico grazie a cui tutti gli uomini possono «partecipare alla stessa eredità» (cf 2a lettura) della vita eterna di Dio. 

Manifestandosi al mondo nella persona di Gesù, Dio ha manifestato nello stesso tempo il suo progetto: egli «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6). 

Ecco perché la Chiesa, la comunità di coloro che credono in Cristo, è «cattolica», cioè universale, per natura sua: aperta a tutti i popoli e formata di fatto – ai nostri giorni – da credenti di ogni razza, lingua, colore e nazione, al di là di tutte le divisioni politiche e culturali. Ecco perché la Chiesa, come insegna il Concilio Vaticano II, «è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium, 1). 

La festa dell’Epifania è un invito a superare ogni forma di «campanilismo», di nazionalismo, di razzismo, di chiusura nel proprio piccolo mondo (quello delle proprie idee, dei propri usi e costumi, dei propri interessi… ) per formarsi una mentalità aperta alle dimensioni del mondo intero, in uno spirito di solidarietà e di fraternità senza frontiere e nel pieno rispetto di ogni persona e di ogni cultura… (LDC) 

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